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ternienergia stefano neri

di Paolo Fiore

twitter@paolofiore

Si è quotata nel 2008, ha portato in Borsa anche la divisione Green nel 2011. E adesso che il settore promette margini di sviluppo, potrebbe presto accogliere a Piazza Affari molte altre aziende. TerniEnergia ha chiuso il primo trimestre del 2013 con ricavi in contrazione ma con margini in deciso rialzo. “Anche il fatturato tornerà a crescere, già nel secondo trimestre”, dichiara il Ceo del gruppo Stefano Neri. Che ad Affaritaliani.itdescrive le prossime mosse della società:occhi puntati sull’est-Europa, tra Romania, Kazakhstan, Turchia, Bulgaria e Slovacchia. Il lancio del fondo d’investimento immobiliare RA e la speranza concreta che i prossimi mesi saranno propizi per Piazza Affari.Sono tante le imprese green che stanno pensando al grande passo della quotazione. “In Italia c’è ancora una scarsa tradizione a fare ricorso al mercato dei capitali borsistici, ma la Borsa è una grande opportunità”, afferma Neri. “Serve un governo che rimuova l’incertezza normativa, autorizzativa e fiscale che indebolisce la competitività”. Un messaggio per Enrico Letta.

L’INTERVISTA

Cominciamo dalla trimestrale: ricavi in calo ma utili e situazione patrimoniale solidi evidenziano un momento di transizione. Cosa sta cambiando nella strategia di TerniEnergia? 
Nonostante le avverse condizioni economiche dell’Eurozona e le sostanziali modifiche del quadro regolatorio nazionale abbiano severamente penalizzato il settore “core” del fotovoltaico, la società è stata capace di reagire prontamente e di continuare nel suo percorso di creazione di valore per gli azionisti. I risultati del primo trimestre 2013 rappresentano una tappa intermedia nel processo evolutivo del Gruppo con un ridimensionamento del fatturato contestuale a una crescita della marginalità e degli utili. Da qualche tempo non acquistiamo più i pannelli per gli impianti conto terzi e ciò incide in maniera consistente sui ricavi, ma non sui margini. Inoltre siamo impegnati in un consistente programma di internazionalizzazione del business. Per quanto riguarda le JV, abbiamo avviato un percorso di valorizzazione degli asset rappresentati dalla proprietà degli impianti fotovoltaici di taglia industriale sviluppati con EDF EN Italia, nell’ambito di un processo di  razionalizzazione delle partecipazioni che riteniamo strategico per ottimizzare i ricavi derivanti dalla power generation e per migliorare l’efficienza finanziaria nella gestione degli impianti fotovoltaici e nella vendita di energia.  Infine, stiamo lavorando  a un’integrazione della struttura finanziaria per sostenere la crescita.

Quali sono le prospettive per il 2013 di TerniEnergia? La società si attende una ripresa dei ricavi già dal secondo semestre?
L’evoluzione del business in Italia e all’estero è contraddistinta in questa fase da una consistente attività operativa, che produrrà i suoi effetti economico-finanziari nel futuro e che riguarda l’apertura di importanti cantieri con la costruzione di impianti per circa 35 MWp di fotovoltaico, oltre a un impianto per il recupero di rifiuti organici in Puglia e al secondo impianto di recupero Pneumatici Fuori Uso. In ragione di questi presupposti, la società prevede un forte aumento dei ricavi già nel secondo trimestre. Come società quotata non possiamo anticipare risultati economico-finanziari, ma siamo confidenti di chiudere l’anno in linea con quanto previsto nel piano industriale baseline.

Borsa Affari (3)

Nel trimestre appena concluso, è stata costituita una nuova filiale romena. L’est Europa è uno dei mercati sul quale TerniEnergia punterà in futuro?
Siamo già attivi in Romania e in Polonia con due subsidiaries. A breve apriremo i primi cantieri. Guardiamo con interesse non solo a questi Paesi ma anche a nazioni come Kazakhstan, Turchia, Bulgaria, Slovacchia, dove nelle prossime settimane avvieremo attività di scouting.

Un’altra novità riguarda il progetto “RA”. Quale sarà il ruolo di questo progetto? La creazione di un fondo immobiliare specializzato potrebbe essere un esempio che altre società green hanno intenzione di seguire?
Quando parlavo di un’integrazione della struttura finanziaria, mi riferivo proprio a questo progetto che è ormai in dirittura d’arrivo. Dal progetto “Renewable Assets – RA”, elaborato con l’advisor Power Capital, nascerà un primo fondo di investimento immobiliare, totalmente indipendente, del quale TerniEnergia sarà al contempo partner strategico per l’attività di system integrator e di gestione industriale degli impianti di produzione energetica. La società ha, inoltre, previsto una propria partecipazione al fondo, conferendo alcuni asset rappresentati da impianti fotovoltaici e da biomasse. Questo consentirà l’accesso a capitali che potranno garantire lo sviluppo di nuovi progetti industriali e una nuova stagione di crescita. Si tratta di una forma alternativa di accesso al capitale già in voga in altri Paesi, come gli Stati Uniti, che saremo i primi a sperimentare con questa forma in Italia e rappresenta un’opportunità per rispondere all’attuale fase di difficoltà di accesso al credito. Infine, siamo confidenti che questo progetto ci consentirà di portare a termine una ulteriore evoluzione della missione industriale del nostro Gruppo, da system integrator e proprietario di centrali, a gestore di asset industriali e promotore di nuovi impianti in grado di imprimere una spinta consistente a un rinnovato percorso di crescita. Abbiamo pertanto in programma, una volta strutturato il fondo che punta a una raccolta tra 50 e 100 milioni di euro, una revisione del piano industriale.

Il gruppo ha affermato che “RA” si propone di “rafforzare il percorso di internazionalizzazione in Paesi che presentano le caratteristiche più attrattive per gli investitori”. Quali saranno questi Paesi?
Quelli in cui siamo già presenti, ad esempio, come il Sudafrica o la Romania. In prospettiva l’India, la Turchia, altre nazioni africane, Paesi nei quali siano possibili accordi del tipo PPA-“power production agreement” per operare anche in logica di grid parity, come nel Medio Oriente. Valuteremo, di volta in volta, quali Paesi presentano le caratteristiche più attrattive anche per gli investitori istituzionali, che così potranno avere l’opportunità di trarre ritorni significativi contribuendo, nel contempo, all’affermazione dell’industria green italiana nel mondo.

Le società green quotate hanno registrato performance significative. La Borsa è il futuro del settore?
E’ sicuramente una grande opportunità. Quello del cleantech e delle rinnovabili in generale è un comparto ad alta intensità di capitali, che richiede cospicui investimenti. La Borsa può rappresentare, come già avviene in larga parte nei Paesi più avanzati, quell’integrazione dell’equity che può favorire l’espansione e la crescita grazie all’apporto di risorse reperite sul mercato dei capitali. Serve però, in Italia, una crescita della consapevolezza e un’apertura a questa nuova tendenza da parte degli imprenditori green.

Proviamo a fare una previsione. Che 2013-2014 sarà per le imprese green? E per Piazza Affari?
Il settore sta andando meglio di altri, grazie alla consapevolezza degli investitori e al raggiungimento di una dimensione industriale consolidata di alcuni operatori. I dati parlano di prospettive interessanti per la green e la circular economy e per le rinnovabili in Italia e in Europa. E la Borsa sta anticipando, anche nel nostro Paese, un mood favorevole alla ripresa economica. Vedremo nella seconda metà dell’anno e nel prossimo se questo spiraglio sarà un piccolo rally fine a sé stesso o l’inizio di quel rilancio che aspettiamo ormai da anni.

Piazza Affari vive un momento misto: da una parte un’ondata di liquidità e un abbozzo di ottimismo. Dall’altra una persistente incertezza. E’ il momento giusto per quotarsi?
La nostra esperienza è stata in controtendenza: abbiamo quotato la TerniEnergia nel 2008, proprio quando partendo la crisi a livello mondiale, e poi la TerniGreen su AIM nel 2011, quando stava arrivando la seconda ondata. In entrambi i casi abbiamo sviluppato casi di successo e di creazione di valore per gli azionisti, fino alla fusione tra le due società. Di recente, anche altri player hanno fatto la scelta di aprirsi alla Borsa ottenendo piena soddisfazione. Direi che dipende molto dal mercato di riferimento e dalle prospettive di crescita industriale. Il mercato è molto selettivo, ma premia chi sa interpretare i trend di sviluppo e chi ha modelli di business chiari e vincenti.

lambiase vedo green

Anna Lambiase, amministratore delegato di VedoGreen, ha dichiarato ad Affaritaliani.it che ci sono un centinaio di imprese green che sarebbero pronte per la quotazione. Che cosa le frena?
C’è, innanzitutto, una scarsa tradizione italiana a fare ricorso al mercato dei capitali borsistici, rispetto al ricorso al credito tradizionale e alle banche. Ciò avviene soprattutto nella fase di startup, di lancio dell’attività industriale. C’è poi un basso numeri di investitori, e di conseguenza una liquidità minore del necessario, in mercati come AIM Italia che sono dedicati alle small e microcap. Ritengo che i freni maggiori allo strumento della quotazione, che potrebbe essere utilizzato con maggiore “disinvoltura”, siano proprio questi.

Vista l’altalena normativa, la quotazione è un modo per affrancarsi dall’aiuto dello Stato?
Gli incentivi, nel caso delle rinnovabili, hanno generato un mercato policy driven che sta terminando oggi i suoi effetti con il consolidamento industriale di pochi player con dimensioni adeguate. Lo sforzo che noi abbiamo fatto nell’industria ambientale e delle rinnovabili, è stato quello di affermarci come un protagonista tra i più attivi a livello europeo e un operatore integrato nel settore green, idoneo a costituire una piattaforma di aggregazione che rappresenti un’opportunità per gli investitori istituzionali.

Come giudica il governo Berlusconi e quello Monti? E cosa si aspetta da Enrico Letta?
Non sta a me dare giudizi sui governi, sui loro programmi e su come li hanno attuati. Posso dire però  che in Italia vi è una continuità nell’incertezza normativa, autorizzativa e fiscale, in generale nel quadro regolatorio, che indebolisce la “competitività del sistema Paese” e che limita l’attrattività per gli investimenti esogeni. La certezza autorizzativa, il rispetto dei tempi, la programmabilità degli investimenti  sono fattori determinanti per la crescita e la ripresa. Ma troppo spesso la politica tende a non considerare questi fattori.